Sale zucchero e grasso: una cattiva triade alimentare
Se un vincitore del premio Pulitzer, esattamente nel 2009, e valente reporter del New York Times arriva a scrivere un intero libro sulla micidiale triade di alimenti usati ingannevolmente dall’industria alimentare per spingere i consumatori ad acquistare sempre di più la “spazzatura alimentare” che producono c’è da fermarsi un attimo e riflettere parecchio.
Non perché sia una novità per i più attenti alle scelte alimentari, piuttosto per portare la riflessione all’attenzione anche di chi consciamente o inconsciamente chiudi occhi, orecchie, nasoe tanto altro pur di non vedere l’evidenza.
La triade di cui parlo è facilmente individuabile, sono ingredienti di base praticamente di tutte le ricette, ogni buon cuoco dovrebbe avere la capacità di dosarli con attenzione e se è veramente bravo saperli evitare quando se ne può fare veramente a meno e questo può succedere anche spesso.
Ma l’industria no, non tutta ovviamente generalizzare non è mai una buona cosa, certamente buona parte di essa però si perché al contrario di quanto avviene in una cucina, anche la più trascurata e bislacca, ingannare sensorialmente il cliente nel profondo è una missione di prim’ordine.
Un cattivo cuoco può darvi alimenti scotti, a volte bruciati, mal cucinati, si anche salati e tanto zuccherati, magari ricchi di grassi poco sani, ma di per se è semplicemente un cattivo cuoco, non allestisce certo un laboratorio di sperimentazione per trovare le combinazioni peggiori e ingannevoli per fuorviare i propri clienti manifestando una strategia mirata e una pura logica di profitto.
Cosa che invece succede, e le pagine del libro ne sono una chiara conferma, in diverse industrie alimentari dove questa triade composta da sale, zucchero e grassi viene continuamente usata in sperimentazioni mirate per innalzare la soglia del ‘punto di piacere’ di molti piatti o semplici snack pronti.
L’obbiettivo? Molto semplice, innescare il desiderio di consumarne sempre di più.
Per altro l’uso di queste semplici materie prime sommato all’accurata calibrazione di diverse sostanze chimiche consente di produrre il tutto a costi molto bassi.
Insomma un bell’affare per chi produce, un insieme di pessime conseguenze per chi consuma.
Ragione in più per prestare molta attenzione e cura nella produzione in proprie dei piatti consumati scegliendo con cura materie prime e limitando all’essenziale quegli ingredienti (appunto sale, zucchero e grassi in primis) che più possono portare problemi all’organismo.
Quindi cucinate, cucinate e cucinate, anche quando il tempo sembra poco e scarso.
Per finire vi cito l’autore e il titolo del libro in questione: Michael Moss, ‘Salt Sugar Fat: How the Food Giants Hooked’.