Finte buone intenzioni
Lo sfruttamento delle patologie ai fini di marketing anche in relazione al contenimento del colesterolo.
Che le patologie siano elementi di marketing e business per le industrie alimentari di vario tipo è un triste dato sotto gli occhi di tutti e anche se a volte si parte da buone intenzioni l'obbiettivo finale rimane sempre quello di fare più soldi possibile tramite un filo conduttore che attragga potenziali clienti.
Malati purtroppo, malati che cercano sempre elementi e alimenti che in qualche modo possano aiutarli a superare i limiti della propria patologia, una ricerca più che comprensibile e anche da incentivare tutto sommato.
Mettendo però sempre in guardia dai possibili tranelli, certamente innumerevoli, che si nascondono intorno alle etichette leggendo facili slogan.
Così recentemente è successo che le industrie alimentari canadesi hanno richiesto al dipartimento per la salute pubblica di sostituire nei loro prodotti i meno benefici grassi animali saturi in favore degli oli vegetali al fine di garantire un apporto nutrizionale migliore.
Una richiesta di per se lodevole, peccato che fosse subordinata all'altra richiesta perentoria di pubblicizzare la presenza dei grassi vegetali in nome della loro azione benefica sul cuore.
Il tutto in un quadro nutrizionale dove non è affatto possibile assimilare tutti i grassi vegetali perché non sono simili e composti da elementi protettivi e preventivi uguali fra di loro.
In particolare per quanto riguarda il colesterolo è noto che per il suo contenimento e controllo sono necessari sia agli acidi grassi omega 6 che gli omega 3 in una proporzione consona alla situazione personale con particolare attenzione alla presenza dell'acido alfa-linolenico.
Ma è altrettanto noto che questa proporzione è decisamente variabile in tutti gli oli vegetali consumati e utilizzati a livello domestico o industriale in un quadro informativo complessivo spesso confuso.
Per questo motivo i ricercatori del dipartimento di scienze nutrizionali della università di Toronto insieme ai colleghi della Western university di Londra si sono sentiti in dovere di visionare e controllare le più recenti ricerche svolte sugli oli vegetali ed il contenuto di acidi grassi polinsaturi.
Arrivando alla conclusione, tramite le affermazioni di Richard Bazinet che in prima persona ha firmato la ricerca, che "Non tutti gli oli prevengono le patologie cardiache e le industrie alimentari devono tenerne conto evitando di segnare sulle etichette generici benefici per il cuore, se gli oli usati non contengono le giuste tipologie di acidi polinsaturi".
Ad esempio dalla ricerca si evince come l'olio di cartamo e di mais contengono solo gli omega 6 e nessun omega 3 alfa-linolenico e non portano direttamente vantaggi significativi alla salute.
Singolarmente però "Sono gli oli più usati delle industrie per produrre margarine, maionese, noccioline e patatine fritte", una singolarità che la dice lunga sulle "buone intenzioni" dell'industria alimentare.
La ricerca è stata pubblicata sul Canadian Medical Association Journal dove è possibile trovare il testo integrale.