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Il cibo che conforta e il ruolo della cucina

Il cibo che conforta e il ruolo della cucina

Uno studio condotto da ricercatori dell'Università del Minnesota ha voluto verificare quanto i classici cibi da conforto, per intenderci la cioccolata e tutti i suoi derivati, i biscotti piuttosto che i dessert e i gelati, siano realmente efficaci rispetto alla convinzione radicata di riuscire a rasserenare mente e corpo inquieti.

Per fare questo è stato chiesto l'aiuto di un centinaio di studenti a cui è stato fatto vedere per un certo tempo una serie di spezzoni di film tristi in modo da essere nella condizione psicologica desiderata dai ricercatori.
In seguito alla metà degli studenti sono stati lasciati consumare i loro comfort food preferiti scelti senza alcuna limitazione e all'altra metà cibi generici senza una nomea particolare di alimenti consolanti o che gli stessi studenti non consideravano tali.
Terminato il consumo del cibo sono state poste agli studenti una serie di domande per cercare di indagare il loro stato d'animo e capire l'influenza diretta del consumo alimentare.
Sorprendentemente tutti gli studenti hanno dichiarato di sentirsi bene a prescindere dal tipo di cibo consumato, il che ha generato molte perplessità nei ricercatori arrivati all'apparente conclusione che il tipo di cibo è irrilevante rispetto allo stato d'animo delle persone o per meglio precisare un tipo specifico di alimento non ha necessariamente un effetto tangibile sull'umore.

Una ricerca con molti punti deboli che gli stessi ricercatori hanno dichiarato di dover ripetere in maniera più estesa e approfondire, anche perché precedenti ricerche erano giunte a risultati opposti.
Quello che però è parso molto interessante è un elemento noto da tempo, ma poco enfatizzato e sottolineato, probabilmente perché andrebbe a scardinare convinzioni radicate sul valore di alcuni cibi rispetto al proprio benessere e di conseguenza rovinare il mercato e la redditività di aziende che di questo vivono e che su questo puntano per sostenere le proprie vendite e produzioni.

Perché il punto vero è che non esiste un cibo o una categoria di cibi in assoluto consolanti, ciò che li rende tali è il collegamento mentale, umano e spirituale che ogni singola persona intreccia con un determinato alimento.
Ricordi di infanzia, amicizia, amori, passioni, risate, abbracci, intese, tenerezze, carezze e così via.
Ma non solo, forse ancora più importante è chi e come quel determinato cibo che arriviamo a consumare ha saputo trattare, dalla sua crescita alla sua trasformazione finale.

Un ambito che oltre al mondo produttivo tocca direttamente la cucina e il suo compito sociale, tocca quanto della persona che cucina passa nel cibo e attraverso al cibo arriva ad altre persone.
Nel bene e nel male.

Fonte: Corriere della Sera – Nutrizionista Carla Favaro

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