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Mar 24, 2023 Last Updated 10:04 AM, Mar 22, 2023

Dolce, acido e pepato non sono solo termini inerenti la cucina e il mondo alimentare, per trasposizione sono arrivati a definire stili comportamentali della società e delle persone, un'altra dimostrazione di come il cibo e la sua trasformazione siano intimamente legati con la cultura sociale dell'uomo e di come questo aspetto venga spesso trascurato da chi in cucina ci lavora.

Alcuni ricercatori del Gettysburg College, della North Dakota State University e della Saint Xavier University di Chicago si sono chieste se al di la della trasposizione dei termini ci sia un collegamento tra ciò che si predilige a tavola e il carattere delle persone.
Cioè se in poche parole a un carattere mite e dolce corrisponde una predilezione per i dolci, a uno acido quella per aceto o miele, a uno pepato quella per piatti piccanti.
O se al contrario il fatto di consumare in prevalenza determinati cibi (per cultura, abitudini, tradizioni, situazioni economiche, ecc) arrivi a condizionare carattere e comportamento finale.

biscottini al cacao mandorle e cioccolatoCosì hanno condotto una serie di test su alcuni centinaia di studenti e sono emersi alcuni aspetti interessanti poi pubblicati sul Journal of Personality and Social Psychology.

Fra i tanti aspetti ecco alcuni dei più rilevanti: l'attribuzione della predilezione dei dolci a persone disponibili e collaborative, il senso dell'amicizia associato al sapore dolce, la golosità collegata con la predisposizione verso l'aiuto altruistico, il consumo di cioccolato come elemento di maggiore sinergia con le azioni di volontariato.
Sono stati eviscerati poi altri aspetti collegati al consumo di alimenti e piatti salati, acidi o piccanti che hanno fatto da specchio e controprova dei risultati riguardanti la componente dolce.
Bisogna precisare che si è trattato di test e che non si può ancora affermare che vi sia una relazione diretta tra cibo consumato e personalità, però è una conferma indiretta di quanto il cibo influenzi la mente e di quanto il benessere percepito con il cibo possa determinare le dinamiche comportamentali degli individui nella società.

Per cui se vogliamo essere più buoni possiamo ritenere valida la gradevolissima opzione di consumare un bel dolcetto come quello che trovate qui.

Ma che questa non sia una scusa per affondare la nostra insicurezza sul cibo producendo l'effetto a catena che passa per l'obesità e l'alterazione dei parametri funzionali dell'organismo fino ad aumentare ancora di più questa insicurezza invece di diminuirla!
Un altro aspetto che gli studiosi hanno bisogno di approfondire meglio, anche se ci sono già ricerche specifiche in questo senso.

Fonte: Corriere della Sera – Nutrizionista Carla Favaro

Come in molte altre patologie tumorali la prevenzione è la strada maestra per non incorrere nel cancro al colon, una patologia purtroppo silenziosa e per questo particolarmente pericolosa, ma che con la giusta dieta può essere fortemente limitata!

Il cancro al colon è una patologia tumorale molto subdola in quanto può impiegare un numero elevati di anni prima di manifestarsi come problema conclamato e mettere in serio pericolo la salute di chi ne subisce la nefasta presenza.

Questo lungo tempo di latenza è allo stesso tempo un problema e un’opportunità, senza controlli specifici il fatto che non manifesti alcun sintomo induce a trascurarne il pericolo, ma proprio per questo un monitoraggio oculato offre molte opportunità sul fronte della prevenzione.

E a livello di prevenzione di questo tumore come di molti altri non dobbiamo mai dimenticare che ognuno di noi può sfruttare un arma estremamente potente, la dieta.

Il consumo abbondante e costante di frutta e verdura abbassa infatti il rischio di incorrere nel cancro al colon fino al 52% e i benefici aumentano ancora ogni 100 g al giorno in più di vegetali consumati rispettando ovviamente cotture e trattamenti in cucina corretti oltre la scelta della qualità con in primo piano le versioni biologiche.

Un quadro estremamente positivo che però non si traduce automaticamente in un effetto benefico indiscriminato di ogni tipologia di frutta e verdura.

Una recente revisione sistematica della letteratura e meta-analisi sugli studi clinici e osservazionali sul rischio di cancro colorettale condotti tra il 1980 e il 2019 focalizzati sull’influenza dell’alimentazione, degli integratori vitaminici e dei farmaci ha evidenziato alcune sorprese curiose e singolari.

Alimenti qualificati da tempo ad alta carica benefica come aglio, cipolla, pesce e omega 3 insieme alle vitamina E, C, carotene e selenio (oltre ad altri specifici micro elementi) a sorpresa non sono risultati particolarmente efficaci in chiave preventiva.

Di contro sembra che invece la presenza quotidiana nella dieta di buone dosi di acido folico, magnesio e prodotti lattiero-caseari sia particolarmente efficace come fattore di prevenzione del cancro al colon.

Nello specifico si è osservato che l’assimilazione di almeno 255 mg/giorno di magnesio garantisce un rischio più basso del 23% di rincorrere nella patologia.

Un buon apporto di acido folico (che ricordiamo si trova in abbondanza nella maggioranza delle verdure a foglia verde, nei legumi e in alcuni frutti, ma con una ridotta biodisponibilità che in alcuni casi suggerisce un integrazione con prodotti specifici di sintesi) il rischio è più basso del 12-15%.

Riguardo ai prodotti lattiero-caseari che comunque non devono essere mai consumati in abbondanza a prescindere da questo tema il rischio è minore di circa il 13-19%, molto meglio in questo senso fanno le fibre che abbassano il rischio fino al 22-43%.

Molta attenzione bisogna invece fare rispetto al consumo di carne rossa e insaccati oltre che all’alcol: si riconferma come in molti altri studi che questi cibi aumentano considerevolmente in varie forme il rischio di patologie tumorali e nel caso del cancro al colon in maniera particolare anche a bassi dosaggi di drink e bevande contenenti alcol.

Sono arrivati da provare, tra le mani del nostro Chef, una serie di “alimenti ritrovati” così definiti perché nel tempo caduti in disuso per via di molte ragioni, dalla scarsa produttività alla fatica nel raccoglierli e conservarli.
Alcuni sono molto curiosi, altri già conosciuti, in ogni caso hanno tutti una storia alle spalle e questa parola, storia, bisogna tenerla in alta considerazione perché può salvare dal clima di segnali contradditori spesso in arrivo dal mondo dell’alimentazione.

La storia è una delle poche garanzie rimaste per basare i propri criteri di scelta e non ondeggiare al vento delle mode e delle opinioni passeggere.
Ma torniamo ai nostri alimenti ritrovati.
Il primo è la “Roveja” nome assai curioso per una sorta di piccolo legume tondo grande quanto un piccolo pisello e dal gusto di fava (almeno da quello che si legge dalle informazioni di accompagnamento).

Il colore varia con sfumature rossastre, verde scuro, marroni e grigie e si dice che il fiore della pianta sia di grande bellezza, pianta presumibilmente progenitrice del pisello comune ma la classificazione botanica è ancora incerta.
Di fatto si sa che l’abbandono di questo legume è dovuto alla estrema fatica del raccolto con steli lunghi spesso coricati a terra e di lunga selezione.
Potrebbe essere che ora si sia trovata una modalità meno onerosa, questo ancora non lo sappiamo, ma molto dipenderà dal valore in se come alimento, sia dal punto di vista nutrizionale che soprattutto gustativo, vedremo.

Il secondo prodotto è un cereale, un grano dai bellissimi chicchi marroni che danno l’idea di sostanza e fragranza della parte interna.
È il “Grano Turanicum” un cereale dalla storia antica che cresce spontaneo con una meravigliosa spiga dai grandi grani, un grano che ama il fresco e predilige le zone collinari con clima ventilato.
Qui l’abbandono è dovuto, presumibilmente, alla scarsa resa per l’economia, ma ci informeremo meglio.

Sempre più studi, alcuni in particolare verranno riportati a breve sul sito, indicano come ci sia una vera e propria dipendenza dal cibo industriale processato e ultralavorato con danni simili alle altre dipendenze negative da sostanze ricorrenti. Se per alcune tipologie di ricette articolate e lunghe questo meccanismo è in piccola parte comprensibile non lo è assolutamente per cibi semplici e veloci da preparare come gran parte delle verdure fresche!

Il cibo pronto da acquistare e semplicemente consumare può avere mille sfumature diverse, possiamo ad esempio trovare paste fresche ripiene e non come altre tipologie simili, cioè elementi mediamente elaborati da rendere abbastanza comprensibile la voglia ogni tanto di trovarseli pronti da cuocere semplicemente.

Ci sono poi le tipologie anche già cotte che richiedono solo il riscaldamento, un gradino più elevato e saltuariamente tollerabile se le condizioni ambientali e di circostanza impediscono magari di poter fare altro.

Le situazioni di impedimento in questo senso possono essere molteplici e giustificare anche un'eccezione in chi di solito prepara da se tutto, a patto che la lavorazione di questi cibi sia stata semplice senza la presenza di troppo ingredienti estranei alla natura del prodotto in se.

Quando si arriva alle insalate sigillate in atmosfera controllata pronte solo da aprire e mettere in ciotola e a carote e tanti altri ortaggi simili già tagliati i dubbi sull’opportunità di reperire cibo pronto cominciano a diventare tangibili.

Perché onestamente il tempo di lavare e tagliare un insalata da se, sbucciare una carota o una patata, pulire dei fagiolini o dei peperoni è semplicemente ridicolo in termini di quantità da mettere in conto nel proprio spazio temporale.

Considerando che ci sono semplici attrezzi di cucina (pensiamo a una banale e economica centrifuga da insalata, un pelapatate estremamente poliedrico nelle sue funzioni, ecc) che rendono questo ancora più veloce e semplice.

Con il vantaggio di essere più sicuri dell’igiene complessiva, sottoporre a un’ossidazione minore le parti vegetali tagliate al momento, pagare una cifra infinitamente più bassa.

E anche quando si tratta di preparare elementi in apparenza più complessi c’è sempre un piccolo attrezzo economico che può velocemente aiutare.

Basta dunque sforzarsi di trovare sempre quei pochi minuti in cucina e se non ci sono impedimenti oggettivi prepararsi in molto meno tempo di quello che si teme le verdure fresche con pieno godimento del palato e enorme beneficio per l’organismo!

Sapere aspettare è una prerogativa che può portare molti benefici, in questi nostri tempi frenetici sembra però che se ne sia persa la concezione e l’importanza.
Tutto e subito va di gran moda, restando nell’ambito della cucina ci sentiamo dire tante volte che non c’è abbastanza tempo da dedicare ai fornelli, che attendere i normali tempi di preparazione di un pasto è un lusso per pochi, che l’industria ci regala oggi così tante agevolazioni con piatti e semi lavorati pronti che non serve stare tanto a pensare ne tantomeno pazientare.

Così quando abbiamo letto questa notizia non abbiamo potuto che sorridere compiaciuti e vedere confermata una verità che da sempre è presente nell’uomo, ma che per pigrizia si preferisce dimenticare.
Si parla di cibo e di porzioni, di presentazione e approccio al consumo alimentare, tutto questo in una ricerca realizzata dall’americana Cornell University.
La cui conclusione è stata: una porzione meno abbondante di cibo nel piatto può soddisfare come una grande e affollata dose, il segreto è sapere aspettare e noi aggiungiamo sapere dialogare con il cibo per quanto lo si pensi non più in grado di raccontarci qualcosa essendo la sua anima stata spenta dalla cottura.
Non è così se chi ha preparato la ricetta ha avuto la sapienza di farlo con passione, amore e convinzione lasciando nel cibo la sua traccia di vita indelebile e dando al cibo stesso nuove possibilità espressive.

Per spiegare meglio: la ricerca, effettuata su un campione di adulti a cui sono stati proposti piatti con porzioni differenziate, racconta che il senso di appagamento arriva dopo circa 15 minuti, tempo necessario a fare in modo che il segnale di sazietà arrivi al cervello e di conseguenza scatti la consapevolezza più o meno cosciente di aver mangiato abbastanza.

In poche parole abbuffarsi come assatanati bruciando i tempi di consumo come se si partecipasse a una gara olimpica è la tattica più sbagliata.
Sbagliata perché come dicevamo non si dialoga con il cibo servito e si perdono così tante informazioni non verbali, perché la masticazione non fa il suo dovere e non rende il cibo pronto a una facile assimilazione successiva, perché così il cibo diventa puro carburante grasso e calorico da buttare in un serbatoio interno che invece farebbe funzionare meglio la nostra macchina corpo se il pieno venisse fatto a scaglioni.
E questo è anche un bel segreto per i tanti che si accaniscono a seguire diete improbabili pur di dimagrire; imparate prima a saper aspettare!!!

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