Rendere ambientalmente sostenibile il nostro modo di produrre e consumare
Una recente analisi della FAO mette in luce come attualmente per ogni persona sono disponibili circa 2.940 calorie al giorno pro-capite.
Si tratta ovviamente di una media, è chiaro che chi vive di stenti e fatiche nei paesi del terzo mondo deve affrontare ben altre situazioni alimentari quotidiane.
In ogni caso le stime ci dicono che questa cifra nel 2030 arriverà a 3.050 calorie ovvero oltre il 50% in più dell'energia realmente necessaria a ogni individuo che vive nella società occidentale e ricca di oggi con i suoi ritmi blandi e la sedentarietà imperante.
Per il nostro metabolismo occidentale, infatti, una media di circa 2000 calorie giornaliere sono più che sufficienti per coprire le esigenze fisiologiche fatto salve particolari condizioni ambientali o personali.
La produzione di cibo attraverso l'agricoltura, l'allevamento e la pesca è in questa ottica talmente sovradimensionata da poter virtualmente sfamare una popolazione totale di almeno 10 miliardi di persone.
Considerando che attualmente siamo 7 miliardi e nel 2050 al massimo 9,5 appare evidente una situazione di terribile corto circuito produttivo e di profonda ingiustizia sociale.
Si produce troppo anche per il ricco mondo occidentale benestante e si spreca moltissimo, si butta moltissimo, si trascura il resto del mondo salvo quando questo esplode in qualche crisi umanitaria e sociale che tocca gli interessi dei grandi paesi e delle grandi multinazionali.
Eccesso di calorie in occidente, aumento esponenziale delle malattie legate al cibo, massa corporea degli individui fuori controllo con casi di sovrappeso e obesità sempre più diffusi, migrazione delle patologie adulte verso bambini e adolescenti.
Al contempo ampia fetta di popolazione mondiale denutrita, ricattata direttamente o indirettamente dal cibo, sfruttata in funzione della produzione di cibo per i paesi ricchi.
E ancora risorse globali del pianeta depredate senza alcuna considerazione di prospettiva a medio lungo termine, mancanza di lungimiranza e rispetto per la terra coltivata, sfruttamento incivile del mondo animale, arricchimento di pochi eletti.
Possiamo pensare che questo ci porti lontano?
Chiaramente non possiamo pensarlo, probabilmente però non perché non riteniamo giusta la situazione produttiva attuale, tutti i suoi squilibri e le sue ingiustizie.
Non possiamo pensarlo semplicemente perché non lo conosciamo e ancora peggio ci rifiutiamo di conoscerlo.
Chi sa ha dunque il dovere di far sapere e a prescindere dalla professione che fa prendersi carico attraverso il personale lavoro di dimostrare nella pratica più che nella teoria che è possibile servire lo stesso piatto in maniera differente senza per questo togliere piacere e gioia a chi lo consuma.
Concludiamo la riflessione con le parole di Franco Travaglini tratte dal lungimirante libro "Perché essere quasi vegetariani" che andrebbe rimesso subito a disposizione dei lettori se la casa editrice lo concedesse.
".......................Rendere ambientalmente sostenibile il nostro modo di produrre e consumare alimenti significa innanzi tutto scendere nella catena alimentare, vale a dire ridurre drasticamente i terreni, l'energia, l'acqua ecc. destinati a produrre alimenti animali, che significa in primo luogo ridurre terreni, energia, acqua ecc. destinati alla produzione di vegetali come cereali e soia per gli animali e destinarli alla produzione di alimenti per il consumo diretto degli umani. Occorre poi adottare tecniche produttive e pratiche agronomiche a minore impatto ambientale e con la maggiore capacità di conservare le basi naturali delle produzioni agricole (fertilità del suolo, acqua, diversità biologica, ecc.) avviandosi decisamente alla conversione biologica di tutta l'agricoltura.............................."