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Mar 24, 2023 Last Updated 10:04 AM, Mar 22, 2023
Anche la nostra mente e le sue molteplici funzioni sono influenzate dal tipo di alimentazione che seguiamo e alcune sostanze specifiche contenute soprattutto nei tanti vegetali presenti stagionalmente hanno un ruolo particolarmente protettivo, come i Flavonoli veri e propri difensori della memoria!

Il nome poco famigliare non deve indurre in errore perché i flavonoli non sono altro che le potenti sostanze fitochimiche di cui l’organismo ha bisogno per rimanere in salute presenti nelle comune verdure e frutti oltre che in prodotti paralleli come vino e tè verde.

In generale da sempre si conoscono le loro funzioni essenziali estremamente positive e attraverso diversi studi e ricerche si è capito il collegamento con il buon funzionamento di molti meccanismi vitali dell'organismo e come la loro mancanza per via di diete errate e sbilanciate porti a danni anche di grave entità.

Di un collegamento anche con le funzionalità del cervello e nello specifico delle memoria si ipotizzava da tempo e molte ricerche sono arrivate già in passato a trovare collegamenti diretti e indiretti tra buone funzionalità mentali e buona dieta seguita spesso con intrecci relativi alle caratteristiche intrinseche della cucina mediterranea.

Uno studio pubblicato su Neurology a cura del Rush University Medical Center di Chicago andando a indagare più nello specifico il ruolo dell’alimentazione ha accertato l’effettiva incidenza dell’apporto quotidiano di cibo sano rispetto al rallentamento del declino cognitivo.

Le conclusioni sono arrivate dopo un lungo periodo di 7 anni in cui sono state esaminate poco meno di mille persone con un'età media di 81 anni che non presentavano di per se problematiche di decadimento mentale.

Con regolare frequenza hanno compilato questionari relativi al tipo di alimentazione seguita con focus sui cibi a più alta presenza di antiossidanti come i flavonoli, svolti test cognitivi e di memoria e in base a questi riferimenti oltre ad altre annotazioni sullo stile di vita sono stai divisi in gruppi ad alta e bassa assunzione di flavonoli.

Dove la presenza di flavonoli era alta il punteggio cognitivo risultava ugualmente alto e tendenzialmente più lento a diminuire con il passare del tempo rispetto a chi consumava nella dieta poca frutta e verdura e in generale vegetali di varia tipologia preferendo un alimentazione più invadente e dannosa.

Flavonoli difensori palesi della memoria quindi con particolare attività positiva da parte di alcuni costituenti antiossidanti specifici di questa famiglia come il kaempferolo abbondantemente presente in frutti come mele, uva, pesche, more, lamponi e verdure come broccoli, cavoletti di Bruxelles, zucche, pomodori, lattughe, spinaci, indivia.

Una revisione sistematica di numerosi studi sancisce il suo forte ruolo preventivo. 

Alzheimer, demenza, declino cognitivo sono alcune delle degenerazioni a cui la nostra mente può andare incontro con effetti a volte drammatici e tristi.
Pensare che una dieta specifica, considerando finalmente la dieta per quello che dovrebbe essere per la salute e non perché fa dimagrire o regala inutili sogni, può avere un ruolo preventivo determinante nei confronti di alcune patologie è sempre una bella notizia, se poi è la nostra amata dieta mediterranea lo è ancora di più.

Per arrivare a questa conclusione, però, si è dovuti ricorrere a una revisione sistematica di tutta una serie di altre precedenti ricerche grazie al lavoro dei ricercatori della University of Exeter Medical School, con il supporto del National Institute for Health Research Collaboration for Leadership in Applied Health Research and Care in the South West Peninsula (NIHR PenCLAHRC).

Pubblicato sulla rivista Epidemiology (qui la fonte di origine della notizia) il lavoro revisionale ha incrociato i dati salienti di 12 parti di ricerca ammissibili, 11 studi osservazionali e 1 studio randomizzato e controllato.

In 9 dei 12 studi si confermava come l'abitudine costante nel seguire un alimentazione secondo i dettami della dieta mediterranea (alto consumo di frutta e verdura, olio d'oliva e pesce, basso consumo di carne, latticini e grassi animali)
era associata a una migliore funzione mentale, minori tassi di declino cognitivo e un ridotto rischio di malattia di Alzheimer.

Iliana Lourida, la ricercatrice che ha condotto lo studio ha avuto modo di affermare che la "Cucina mediterranea è sia gustosa che nutriente e la revisione sistematica mostra che può aiutare a proteggere il cervello dall'invecchiamento, riducendo il rischio di demenza" aggiungendo che se "il legame tra un'alimentazione aderente al modello della dieta mediterranea e un basso rischio di demenza non è in assoluto una novità, questo è però il primo studio ad analizzare sistematicamente tutte le prove esistenti"

Insomma un altro prestigioso punto a vantaggio di una dieta che stupidamente nei paesi da cui ha origine in molti stanno abbandonando a favore di diete alla moda che portano con se danni all'organismo non indifferenti.
Un annebbiamento mentale che evidentemente la dieta mediterranea potrebbe prevenire!!!

L’invasione non aliena ma comunque estremamente preoccupante di dolcificanti artificiali presenti in moltissimi cibi prodotti e venduti dall’industria alimentare comincia ad essere presa molto sul serio in ambito medico visti i diversi studi che ne dimostrano l’alta pericolosità nel tempo soprattutto in correlazione con l'insorgenza del rischio di eventi cardiovascolari e cerebrovascolari ad alta incidenza negativa

L’associazione sembra al momento forzata e poco correlata, ma la metodologia di studio con i primi risultati evidenti porta verso la stessa strada che ha provato senza ombra di dubbio i rilevanti e alti rischi ai polmoni e altri organi dell’organismo che l’abitudine di fumare porta con se.

In particolare sembra che più dolcificanti artificiali vengono assunti con la dieta, purtroppo molto spesso senza rendersene veramente conto in quanto mascherati da slogan fuorvianti che si concentrano solo con la demonizzazione del comune zucchero da tavola, più aumenti il rischio di incorrere in malattie cardiovascolari.

Un’evidenza chiara è arrivata da uno studio pubblicato sul British Medical Journal portato avanti dalla Sorbonne Paris Nord University (Francia) che intelligentemente ha preso in esame non solo le bevande ricche di dolcificanti artificiali, ma anche moltissimi cibi dell’industria alimentare tra i più venduti sul mercato.

La metodologia seguita è stata molto rigorosa, attenta e affidabile concentrandosi sulla dieta complessiva realmente assunta con raccolta di dati ripetuti e ciclici alternati a interviste con dietisti qualificati e analisi dei biomarcatori del sangue e delle urine.

Ha coinvolto per diversi anni una platea di oltre centomila pazienti francesi focalizzandosi su chi dichiarava apertamente e con consapevolezza di consumare sotto varie forme dolcificanti artificiali di varia natura.

In particolare in ordine di quantità aspartame, acesulfame potassico e sucralosio (10%), mentre i ciclammati o la storica saccarina erano assunti in percentuali molto minori.

Mediamente nell’arco di un tempo di nove anni la presenza importante nella dieta di dolcificanti artificiali è stata associata a un aumento del 9% del rischio di eventi cardiovascolari o cerebrovascolari.

Che ricordiamo sono tra le patologie più diffuse e pericolose e comprendono infarto del miocardio, sindrome coronarica acuta, angioplastica, angina, ictus o attacco ischemico transitorio.

L’aspetto più preoccupante è stato che la dose di dolcificanti artificiali sospettata di essere una delle cause determinanti di questi nefasti eventi era relativamente bassa e facilmente assimilabile anche bevendo un solo bicchiere di una delle tante bevande gasate in commercio che vantano effetti dietetici o di riduzione calorica grazie proprio ai dolcificanti artificiali.

Ma come detto il problema non sono solo le bevande gasate, perché l’uso di dolcificanti artificiali è esteso in maniera impressionante anche a molti cibi solidi venduti sul mercato, anche dove la loro presenza non sarebbe affatto necessaria e ipotizzata dal comune consumatore.

Ragione per cui la lettura delle etichette e la riflessione attenta prima di mettere nel carrello della spesa cibi e ingredienti attratti solo dalle loro sirene di golosità o paradossalmente di equilibrio dietetico vantato sulla confezione dovrebbe essere sempre seguita con attenzione.

È una regola conosciuta da tempo e che ancora un volta si dimostra potentemente efficace quando si tratta di prevenire il micidiale diabete: mangiare meno carboidrati limitando soprattutto i sotto prodotti raffinati riduce significativamente il rischio di diabete e in particolare in quella altissima percentuale di popolazione che senza averne consapevolezza si trova in uno stato fisico facilmente aggredibile dalla malattia!

Dati recenti riportano come nel 2021 causa probabilmente anche la situazione covid in Italia il 22% dei pazienti con diabete ha saltato i consueti controlli e molti altri in condizione di predisposizione alla malattia si sono ben guardati da consultare il proprio medico o sottoporsi a esami di controllo.

Il paradosso del diabete è che si tratta di una delle più micidiali e invasive patologie che può colpire un essere umano, ma non essendo particolarmente sulla cresta dell’onda a livello mediatico e avvertibile a livello soggettivo viene sistematicamente presa in bassa considerazione e importanza dalla maggior parte delle persone.

Questo fino a quando la malattia purtroppo fa il suo ingresso nella vita delle persone con conseguenze a volte molto gravi e in percentuali impressionanti tanto che i Centers for Disease Control and Prevention (CDC) statunitensi hanno calcolato che circa 96 milioni di americani sono in condizione di prediabete e continuando con le abitudini sbagliate è certo si troveranno coinvolti pienamente nella patologia.

Una massa così elevata di persone è veramente impressionante e si può tranquillamente ipotizzare per analogia che vi siano analoghe percentuali in tutti i paesi ricchi del mondo occidentale.

Soprattutto per questi individui che ancora possono salvarsi con le dovute correzioni dalle conseguenze nefaste del diabete vale una delle direttive alimentari più incisive che da sempre contraddistingue la terapia preventiva del diabete nei soggetti a rischio, la riduzione importante dei carboidrati nella dieta.

Assolutamente non un eliminazione, quanto un cambio radicale nelle proporzioni e soprattutto nella qualità con la scelta di prodotti con il più alto livello di fibre e elementi integrali.

Una strategia questa che è decisamente efficace tanto da consentire di evitare l’assunzione di farmaci nei soggetti a rischio di diabete a patto di mantenere costante la misura alimentare.

Ribadisce questo assunto ormai storico una nuova ricerca portata avanti dalla Tulane University (New Orleans, Stati Uniti) e pubblicata su JAMA Network Open evidenziando come tutto ruota intorno ai livelli di glicemia più o meno alti di ogni individuo.

Lo studio, infatti, si è concentrato su partecipanti selezionati in base alla presenza di livelli glicemici da prediabete e pazienti già con diabete, ma per vari motivi non sottoposti ad alcuna terapia farmacologica specifica somministrando a gruppi differenti diete con contenuti di carboidrati diversificati.

Alla fine si è visto che la discriminante era proprio la percentuale di carboidrati presenti nella dieta con risposte migliori in chi ne consumava meno.

Continuiamo pure a consumare la pasta, giusto per citare un cibo per noi Italiani iconico e di difficile separazione, ma facciamolo diminuendo le dosi e arricchendo magari con abbondanti dosi di ortaggi e verdure prediligendo come condimento i grassi nobili e protettivi dell’olio extravergine d’oliva e quelli della frutta secca in guscio, a cominciare dalle fantastiche e miracolose noci.

Non tutti i modelli di dieta mediterranea sono uguali e ancora più spesso la tendenza è quella di interpretare personalmente e in maniera errata un'alimentazione che se seguita introducendo massicce dosi di vegetali ha effetti quasi miracolosi come dimostra questa ultima e molto interessante ricerca Israeliana!

La dieta mediterranea e l’alimentazione tipica che la contraddistingue continuano ad essere oggetto di profondi studi e approfondimenti per interpretare al meglio le dinamiche che sovraintendono i suoi indubbi benefici.

Il problema più complesso è in realtà quello di capire realmente quale modello della dieta mediterranea ha effettivamente le influenze migliori sulla salute considerando che la definizione in se di dieta mediterranea è oggi talmente abusata da aver generato indicazioni e interpretazioni a tavola spesso ben poco coerenti con la sua origine.

Ciò che sorprende di più, ad esempio, è che proprio nei territori dove è nata la dieta mediterranea oggi viene seguita in maniera del tutto errata con abbondanti porzioni di carboidrati tramite pasta e pane e introiti di carne e proteine animali in generale del tutto spropositati.

I risultati sulla salute sono poi ovviamente del tutto incoerenti con i principi e i potenziali effetti di benessere di questo stile alimentare e proprio questo insieme ad altri fattori deve aver stimolato il gruppo di lavoro della Ben-Gurion University, in Israele, a verificare nella pratica modelli differenziati della dieta mediterranea su un campione di soggetti maschi adulti dalle abitudine sedentarie e con indice di massa corporea tendente all’obesità.

Sono stati divisi in tre gruppi distinti nei confronti ai quali sono state fornite modalità di approcci alimentari differenziati da seguire per sei mesi.

Al primo gruppo è stato indicato come potenziare l’attività fisica con relativa facilità e efficacia seguendo allo stesso tempo una dieta sana standard.

Il secondo gruppo ha sempre seguito gli stessi consigli sull’attività fisica, ma con un regime alimentare di stampo mediterraneo a minore introito calorico, basso contenuto di carboidrati raffinati, buone quantità di verdure e controllate porzioni di pollo e pesce al posto della carne rossa.

Il terzo gruppo oltre all’attenzione all'attività fisica adeguata ha seguito un modello di dieta mediterranea ad altissimo contenuto di vegetali con presenza quotidiana di 28 g al giorno di noci, esclusione totale della carne rossa, forte limitazione di altre proteine di origine animale compreso il pesce, integrazione di proteine vegetali supplementari tramite Wolffia globosa (derivato ad alto contenuto proteico della lenticchia d'acqua) e 3-4 tazze di tè verde.

Finito il periodo di test sono stati verificati gli effetti su ciascun gruppo rispetto alla perdita di peso, ai parametri di salute cardiovascolare e a quelli metabolici.

Le differenze sono state notevoli e i soggetti che hanno seguito il modello di dieta mediterranea ad altissimo contenuto di vegetali hanno visto calare il proprio peso di oltre 6 kg, il secondo gruppo di poco più di 5 e il primo di soli 1,5 kg.

In parallelo è diminuita la circonferenza della vita in proporzioni similari, ma in più il terzo gruppo ha visto diminuire in maniera significativa i livelli di colesterolo a bassa densità, la pressione e altri elementi critici rispetto al rischio cardiovascolare e metabolico tanto da aumentare sensibilmente in positivo l’aspettativa di vita.

Cucina Mediterranea, Cucina delle Verdure

 cucina medi verdure

 

E’ a partire dai primi anni del secondo dopoguerra che nell’ambito gastronomico la definizione “Mediterranea” ha generato un vortice di ricerche, teorie, tendenze alimentari e aspri dibattiti. Il termine che gli viene più spesso affiancato è “Dieta”, una definizione impropria fonte di molti equivoci e interpretazione storiche, nutrizionali e mediche contrapposte.

 

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